Rap da camera 3E Parmigianino

Rap da camera | 3E Parmigianino

Rap da camera

3E Parmigianino

TENIAMOCI IN CON-TATTO


Classe 3E Parmigianino
Insegnante: Claudia Farolini
A cura di Yele Canali e Riccardo ReinaTeatro delle Briciole

Questo breve video è il risultato del lavoro a distanza fatto con la classe 3E della scuola Parmigianino.
Ci si è concentrati su alcuni aspetti fondamentali nella pratica teatrale ma che eccedono i limiti del teatro, come la scrittura di un testo, l’uso della voce, il senso del ritmo, la capacità di immaginare e sviluppare un personaggio, l’ascolto dell’altro e la connessione con gli altri.

Si è assemblato il tutto in un esperimento: comporre un pezzo rap. Il rap infatti non solo mette in gioco, a livello formale, tutte queste competenze, ma storicamente nasce proprio come forma di espressione artistica di contestazione sociale, politica e culturale della comunità afroamericana che attraverso la parola, la rima e il linguaggio di strada denuncia un sistema d’oppressione che si dimostra sempre violento sulle minoranze, siano esse di genere, di etnia, di classe. Il testo è stato scritto collettivamente, utilizzando e attualizzando a questo scopo esercizi di scrittura automatica di matrice surrealista.

Questo esperimento è servito a mettere in crisi facili certezze e giudizi precostituiti, che poi è quello che cerchiamo di fare sempre, anche a teatro e attraverso il teatro.

GUARDA TUTTI GLI altri video della categoria


Essere insegnanti significa lasciare un segno

Essere insegnante vuole dire lasciare un segno in una relazione

Essere insegnanti significa lasciare un segno

Essere insegnante vuole dire lasciare un segno

in una relazione

ESSERE INSEGNANTI OGGI


“Noi riceviamo vita solo da chi la vita la sa mettere «a fuoco»,
chi è «passato» nel mondo e ce ne ha lasciato una mappa:
poi sta a noi camminare e aprire nuove strade”
A. D’Avenia

Sveglia, doccia, colazione e via in macchina…
Dopo la solita coda in tangenziale, finalmente raggiungo la mia amata Via Milano, dove il mio sguardo si imbatte su abbracci di ragazzi, baci dei genitori, corse per prendere la merenda. Arrivata a scuola, entro nell’atrio pieno di ragazzi che parlano tra di loro e, al suono della campanella, si dirigono verso le loro classi; salgo le scale, saluto i collaboratori e colleghi e, con PC alla mano, mi incammino verso l’aula dove trovo gli alunni che mi aspettano. Un buongiorno sorridente ed energico. Fino a due mesi fa la mia giornata si apriva con questa routine. Ora invece mi ritrovo nella mia casa, apro la piattaforma per vedere se ci sono nuovi messaggi o se sono stati inseriti nuovi compiti. China sulla tastiera con la posta elettronica piena di notifiche tra messaggi di accettazione della lezione e richieste di spiegazioni aggiuntive, posiziono la telecamera, e mi introduco nelle abitazioni dei mei alunni, cercando di dare lo stesso buongiorno, rafforzato, sorridente, ed affettuoso. Quando vedo che sono tutti connessi, quel buongiorno si colora e vibra di emozioni, le più disparate. Vedo ragazzi che sono cresciuti che hanno smesso di essere infantili, improvvisamente; altri invece hanno fatto un percorso opposto di chiusura e di paura; altri ancora che hanno bisogno di attenzioni più del solito e chiedono momenti da dedicare a loro. Li stiamo osservando senza dare giudizi e mi prendo il tempo di vedere queste loro metamorfosi.

Ma una tastiera e una webcam possono essere il punto di contatto di un percorso formativo?
E in che modo possiamo continuare a prenderci cura di ciascuno ragazzo?
Può essere questo un nuovo modo di essere vicina a loro?
Sono sufficienti un appello, chiedere di accendere una telecamera, rispondermi:
“Prof. presente!”, “Prof. la connessione è debole!”, “Prof. ma il compito è arrivato? Prof. ma quando mette i voti?”

Se mi avessero raccontato una simile situazione, non ci avrei creduto. Molte sensazioni di questo periodo mi rimandano ad una narrazione di altri tempi, scenari dei racconti dei miei genitori che avevano vissuto la guerra, quella vera, in un clima di bombardamenti, qui a Parma. In questa pagina mai scritta sui libri, insieme alla mia comunità scolastica, deve prevalere ancora di più il ruolo di noi docenti -mediatori, nello specifico trasmettere la calma in un momento che disorienta per l’incertezza che ci pervade. Tutti insieme stiamo cercando di trasformare questa nuova relazione in un’occasione per tutti, per rafforzare i rapporti, per accorciare le distanze, misurando anche un modo nuovo di azioni didattiche, sperimentate da autodidatta, a volte con telefonate chilometriche con colleghi che, seppur distanti, sono più vicini di quanto si possa immaginare. L’esperienza della vita di una classe, di una sala insegnanti, di un corridoio alla ricreazione, però non è paragonabile a tutto questo.

Quali emozioni scaturiscono in un’aula? Quanto è importante guardarsi negli occhi? Quanto conta capire che non è il momento di fare lezione di italiano o storia o geografia e stravolgere il programma scolastico giornaliero? Anche ora essere insegnante vuole dire lasciare un segno in una relazione che prende per mano, che cerca di far crescere e far diventare i nostri ragazzi, giovani adolescenti, uomini e donne del domani. Questi sono i valori che voglio e continuo a trasmettere anche con la telecamera accesa o spenta, con la connessione lenta o veloce, con il telefonino o con il pc. Con gli alunni e i genitori, con la dirigente, i colleghi e i collaboratori si è fortificata una nuova intesa che ha invaso i nostri spazi interiori, nella speranza che l’umanità sia un’unica grande famiglia che soffre e che spera, al di là dei confini geografici.

Prof. Angela Martelli – IC Micheli


GUARDA TUTTI GLI altri video della categoria